Come è noto, la decisione di differire il voto referendario rispetto alle elezioni amministrative di maggio p.v., con la speranza che tale manovra invogli i cittadini ad astenersi dal recarsi alle urne, comporterà, a carico degli italiani, una spesa supplementare stimata fra i 300 ed i 400 milioni di euro.
Questo fatto, da solo, dovrebbe costituire un motivo sufficiente per votare quattro sì e mandare un messaggio, inequivocabile, di attenzione e bocciatura al governo per i vergognosi e costosi artifizi posti in essere.
Nemmeno in questo caso, infatti, l’esecutivo ha dimostrato di avere minimamente a cuore le sorti del Paese e di contemperare (almeno) gli interessi di quest’ultimo con quelli di “bottega”.
Senza alcun pudore, poi, ha contemporaneamente imposto un aumento delle accise sui carburanti per “sostenere” la cultura (integrando il FUS pesantemente ridotto dai “tagli” del Governo).
La misura è stata adottata per assicurare al fondo un apporto inferiore ai 150 milioni di euro. Meno della metà, quindi, di quanto l’Italia avrebbe risparmiato accorpando la tornata elettorale amministrativa con il voto sui referendum.
Peraltro, un autorevole esponente governativo ha dichiarato che i contribuenti sarebbero stati contenti di pagare l’aumento delle accise e che, considerato l’importo (un centesimo o poco più al litro) non l’avrebbero nemmeno avvertito.
Nel tralasciare il fatto che le Associazioni dei consumatori hanno calcolato, quale riflesso sul serbatoio, un aumento di circa 38 euro l’anno sul consumo medio, è necessario sottolineare che l’incremento delle accise avrà ripercussioni su tutti i prodotti che viaggiano, nel nostro Paese, quasi esclusivamente su gomma.
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