RIMBORSI ELETTORALI E FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI
Impazza,
in questi giorni, un acceso dibattito sul finanziamento pubblico dei partiti
politici, abolito con referendum del 1993 e surrettiziamente reintrodotto (ed
aumentato negli importi) dai beneficiari grazie anche alla pigra distrazione
degli elettori.
L’indignazione crescente sembra poter travolgere il sistema stesso dei
partiti.
Alfano, Bersani e Casini hanno, nei giorni scorsi, dichiarato che “Cancellare del tutto i finanziamenti
pubblici ai partiti sarebbe un errore drammatico che punirebbe tutti allo
stesso modo e metterebbe i partiti in mano a lobbies, centri di potere e di
interesse particolare.”
Nel mondo delle idee
l’ammonimento può avere un senso.
E’ sufficiente
constatare, a tale proposito, quanto è accaduto nell’informazione con la “discesa
in campo” diretta di un facoltoso
signore, per capire quale reale (e si perdoni l’apparente contraddizione con il
“mondo delle idee” in riferimento) pericolo costituisca, per la democrazia,
l’enorme differenza di disponibilità economica fra i competitori.
Anche il diverso ed
esorbitante “peso politico” accordato, rispetto agli altri cittadini, ad
organizzazioni che detengono ingenti ricchezze (gli associati) e rappresentano
rilevanti interessi economici seppure composte da un numero di persone relativamente
esiguo (quale, ad esempio, Confindustria), autorizza l’insorgere di legittimi
dubbi, oltre che sulla qualità della democrazia rappresentativa e sulla correttezza
del “gioco democratico”, fondato
sull’attribuzione, in occasione delle elezioni politiche, di un solo voto a
ciascun cittadino (che non conserva, successivamente, lo stesso valore), sui
rischi che una società democratica possa correre a causa di un’eventuale totale
dipendenza, dei partiti politici, da sovvenzioni private.
L’esempio proveniente da
società a prevalente cultura anglo-sassone, nella crescita delle quali,
peraltro, il “puritanesimo” ha svolto un ruolo rilevante, non è rassicurante.
L’accorato
appello della “triade” che sostiene il governo in carica, tuttavia, risulta difficilmente comprensibile
e poco credibile nell’attuale realtà italiana.
Non siamo forse il Paese
nel quale è stato necessario ricorrere ad un “governo tecnico” per poter tentare di varare riforme che, in qualche modo, incidessero
anche sugli interessi delle lobbies?
Qualcuno pensa che l’opinione pubblica abbia
dimenticato l’indecoroso spettacolo offerto dai componenti delle Commissioni
Parlamentari “asserragliati” nelle aule per “evitare” l’assalto dei lobbisti in
occasione di delicati passaggi parlamentari?
Il fondato rancore si
scontra con la necessità di costruire un sistema stabile capace di garantire,
in misura sufficiente, l’indispensabile equilibrio sul quale si basa “il patto
sociale” in uno Stato democratico.
Proviamo ad andare con
ordine.
Smaltita la giustificata
rabbia per la “presa in giro” subita, chiediamoci se l’obiettivo, esclusa la
legittima tesi secondo la quale ai partiti non deve essere accordato alcun
finanziamento di nessun genere, debba essere quello di assicurare ad essi il
solo rimborso delle spese sostenute in occasione delle tornate elettorali oppure
quello di garantire loro le risorse necessarie e sufficienti per essere
presenti sul territorio, avere un contatto assiduo con gli elettori e,
soprattutto, “fare politica”.
Pur avendo votato, nel
1993, contro il finanziamento pubblico dei partiti, non voglio approfondire, in
questa sede, una valutazione sull’opportunità e sulla moralità di tale
finanziamento e sui rischi di lasciare il destino dei partiti nelle mani di
finanziatori privati. Mi limiterò, pertanto, a sviluppare un ragionamento sulle
eventuali modalità, sull’entità di tale contributo e sulle possibili garanzie
del suo corretto impiego in modo tale che dalla sua erogazione possa derivare un qualche beneficio per la
collettività.
E’ di tutta evidenza che,
nel caso si debba trattare esclusivamente di rimborsi elettorali, essi dovrebbero,
per definizione ed in ossequio alla volontà popolare espressa nel referendum
del 1993, essere concessi dietro presentazione ed in corrispondenza di
un’idonea documentazione di spesa e nei limiti di un tetto massimo prefissato.
Diverso è il caso nel quale
dovessimo riconoscere ai partiti un ruolo essenziale nella nostra democrazia e
ritenere che si possa ottenere la loro indipendenza, dai diversi “centri di
potere”, solo attraverso una controllata e misurata sovvenzione pubblica che
accompagni ogni fase della loro vita.
In questa seconda ipotesi,
credo sia imprescindibile (circostanza ben presente anche al Presidente del
Consiglio Mario Monti) una previa riforma del sistema che imponga (provo,
conscio dei limiti personali e con la consapevolezza di non poter essere
esaustivo e di rischiare errori, ad ipotizzare alcune condizioni):
-
il recepimento, di
diritto, negli Statuti dei partiti di alcune regole di funzionamento
democratico idonee a favorire il superamento delle “nomenklature” (niente “acclamazioni” di segretari, elezione di tutti i componenti
degli organismi dirigenti, idonea convocazione degli iscritti elettori, etc.),
e la partecipazione attiva dei cittadini alla politica ed alla vita dei partiti;
-
il controllo sulla
rigorosa applicazione delle predette regole (es. regolare convocazione del
Congresso, controllo sulla regolarità delle deleghe e sull’esistenza degli
iscritti, etc.) e l’irrogazione di severe sanzioni in caso di inadempienza;
-
un’assoluta trasparenza amministrativa e contabile
attraverso la certificazione obbligatoria dei bilanci ad opera di società di
revisione indipendenti, l’affidamento del controllo sull’impiego delle risorse
pubbliche alla Corte dei Conti e l’adozione di adeguate sanzioni civili e
penali in caso di violazione delle regole;
-
l’obbligo, per i partiti,
di conservazione della copia di domanda di iscrizione degli associati corredata
da quella di un documento d’identità valido ed obbligo di conferma di
accettazione dell’istanza inviata, all’iscrivendo, attraverso raccomandata A.R.,
o mezzo equivalente;
-
l’irrogazione di
consistenti sanzioni penali a carico di coloro che iscrivano ai partiti persone
inconsapevoli (“a loro insaputa”) o precedentemente defunte nonché a carico di
soggetti che dovessero, in qualità di pubblici dipendenti o in ragione degli
incarichi ricoperti, entrare in possesso dei nominativi degli iscritti ai
partiti e divulgarli senza il preventivo
ed informato consenso degli interessati o, comunque, utilizzarli o consentire
che siano usati a danno di questi ultimi;
-
un identico accesso dei
partiti alle trasmissioni di emittenti nazionali (o in caso di elezioni
regionali anche sulle locali dei territori interessati), pubbliche e private,
in prossimità delle elezioni (si potrebbe immaginare un tempo di esposizione
identico per le forze che nella precedente legislatura siedono in Parlamento ed
uno ridotto del 50% per le altre candidate) e l’applicazioni di pesanti
sanzioni economiche (multe dall’importo calcolato in percentuale sul bilancio
del partito) per i partiti favoriti e di sanzioni penali a carico dei
responsabili delle emittenti in caso di violazione grave o ripetuta delle norme;
-
di fissare un tetto massimo di contribuzione
privata ai partiti con il connesso obbligo di pubblicizzare, al di sopra di uno
stabilito esiguo minimo (per esempio, superiore al 20% della quota annuale di
iscrizione), l’elargizione;
-
il divieto di finanziare
più di due partiti diversi ogni due legislature;
-
l’obbligo, per i partiti,
di pubblicizzare l’eventuale erogazione di finanziamenti a favore di
associazioni, fondazioni, circoli o altre forme di aggregazione nonché testate
giornalistiche che non siano evidentemente e direttamente riconducibili al
partito (es. ne rechino il nome o il simbolo) o siano, di esso, gli “organi
di stampa”;
-
di prevedere la nullità
della candidatura di Parlamentari e Consiglieri regionali, per almeno una legislatura,
a seguito di precedente elezione per due mandati consecutivi;
-
di fissare la retribuzione
degli eletti sulla base della retribuzione media degli amministrati e/o
rappresentati (il parametro deve essere costituito dal trattamento economico
riconosciuto ai lavoratori dipendenti) integrata del 100% e ridotta della
percentuale di disoccupati presenti fra la popolazione interessata (con
conguaglio effettuato al termine della legislatura);
-
la reintroduzione delle
preferenze e del sistema proporzionale, con eventuale sbarramento (non oltre il
3-4%), alle elezioni politiche ed amministrative e l’obbligo di adozione delle
primarie, nei partiti, che coinvolga almeno gli iscritti ad essi;
-
l’obbligo, per gli
Organismi elettivi e per la Presidenza del Consiglio, di rendere pubblici i bilanci
redatti in forma analitica;
-
di fissare un limite di
valore per i regali accettabili da parte dei componenti degli organismi
elettivi e di governo;
-
la cancellazione a favore
dei familiari e dei conviventi dei componenti gli organismi elettivi e di
governo di tutti i benefici che non siano riconosciuti, dalla legge, ai
familiari degli altri lavoratori;
-
l’obbligo per i componenti
degli organismi elettivi e di governo di fruire, in caso di accertamenti
diagnostici o di interventi (esclusi quelli di natura estetica), delle sole
strutture sanitarie pubbliche;
-
l’obbligo di congelamento
del trattamento economico dei dipendenti delle assemblee elettive fino alla
perequazione con quello erogato dalle altre amministrazioni statali ai propri
dipendenti;
-
divieto di erogazione dei
fondi derivanti dal c.d. “decreto mancia” a favore dei partiti o di strutture private che siano di proprietà o
gestite direttamente da familiari o conviventi dei componenti delle assemblee
elettive che decidono sulla distribuzione;
-
l’introduzione della c.d.
“anagrafe pubblica degli eletti”
che prevede la pubblicazione, su internet, dei dati riguardanti le
presenze, lo svolgimento dei lavori, il prodotto realizzato, gli stipendi e gli
emolumenti di ogni tipo, le consulenze, i pagamenti, di tutti i politici eletti
e di tutte le persone che rivestano una carica politica pubblica;
-
interdizione perpetua
dalle cariche elettive, di governo o di qualsiasi Ente in caso di condanna
definitiva per “voto di scambio” o reati gravi contro la pubblica
amministrazione;
-
sospensione dalle cariche
elettive, di governo e da qualsiasi Ente nonché dall’erogazione del 50% della
retribuzione in caso di duplice condanna (sia in primo che in secondo grado e
in attesa di pronuncia definitiva) per reati contro la pubblica amministrazione
o che, comunque, prevedano pene, nel minimo, non inferiori a due anni di
reclusione.
Qualsiasi tipo di controllo esercitato su
partiti che fruiscano del finanziamento pubblico dovrà essere esercitato da
organismi i cui membri non ricoprano il proprio incarico per nomina o elezione
politica (deve trattarsi di Magistrati assunti attraverso concorso pubblico ed
indipendenti dall’esecutivo).
Sicuramente, avrò dimenticato, in questo
breve excursus, molti altri utilissimi e
penetranti strumenti di controllo e garanzia sulla gestione di organismi che,
almeno nell’attuale organizzazione democratica del Paese, credo possano
ricoprire un ruolo e svolgano una funzione difficilmente sostituibili.
Lo scopo, però, non è quello di
“salire in cattedra” e, senza averne le capacità, dettare condizioni o
dispensare panacee, ma solo quello di dimostrare che il problema risiede
nell’esistenza o meno della volontà politica di modificare l’assetto attuale,
restituire le istituzioni ai cittadini e realizzare una democrazia compiuta.
Le misure idonee per
ricreare il necessario rapporto di fiducia fra cittadini, partiti politici ed
istituzioni, se cercate seriamente, possono sicuramente essere trovate.
Allo stesso modo è
indispensabile, per la salute delle organizzazioni politiche e delle
istituzioni, la partecipazione dei cittadini alla vita politica della comunità
e, soprattutto, il loro controllo, assiduo ed approfondito, sull’operato dei rappresentanti.
Nessun giudizio, peraltro, ho voluto
esprimere sulle attuali compagini o sulle persone che le compongono e, seppure
sia convinto della presenza di numerosi malfattori, non mi unisco al coro di
astiosa generica condanna che finisce, inesorabilmente, per coinvolgere anche
persone oneste che, comunque, a differenza di quanto, ad esempio, ho fatto io
negli ultimi anni, hanno avuto il coraggio di “sporcarsi le mani” e di impegnare risorse ed energie nella vita pubblica e nel
perseguimento del benessere comune.
La pigrizia, la
distrazione, la stanchezza e la supponenza di tutti noi, non dimentichiamolo,
generano lo spazio vitale nel quale i farabutti prosperano.
Vogliamo immaginare un
nuovo “Processo di Norimberga” che
giudichi anche le nostre non sempre giustificate ed incolpevoli “assenze”?
Nessuna misura può
garantire di per sé stessa, nel tempo, assoluta impermeabilità nei confronti
della corruzione e del malaffare né, tantomeno, proteggerci da presuntuose ed
avide incapacità, solo la PARTECIPAZIONE di ognuno di noi può fungere da
antidoto assicurandoci, al contempo, un’adeguata selezione dei rappresentanti.
Mai più “ghe pens
mì” ma, ora e sempre, PARTECIPAZIONE.
Roma, 19 aprile 2012 Gianfranco Serio
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