domenica 22 aprile 2012

RIMBORSI ELETTORALI E FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI


RIMBORSI ELETTORALI E FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI


        Impazza, in questi giorni, un acceso dibattito sul finanziamento pubblico dei partiti politici, abolito con referendum del 1993 e surrettiziamente reintrodotto (ed aumentato negli importi) dai beneficiari grazie anche alla pigra distrazione degli elettori.
       L’indignazione crescente sembra poter travolgere il sistema stesso dei partiti.
       Alfano, Bersani e Casini hanno, nei giorni scorsi, dichiarato cheCancellare del tutto i finanziamenti pubblici ai partiti sarebbe un errore drammatico che punirebbe tutti allo stesso modo e metterebbe i partiti in mano a lobbies, centri di potere e di interesse particolare.
        Nel mondo delle idee l’ammonimento può avere un senso.
        E’ sufficiente constatare, a tale proposito, quanto è accaduto nell’informazione con la “discesa in campo” diretta di un facoltoso signore, per capire quale reale (e si perdoni l’apparente contraddizione con il “mondo delle idee” in riferimento)  pericolo costituisca, per la democrazia, l’enorme differenza di disponibilità economica fra i competitori.
       Anche il diverso ed esorbitante “peso politico” accordato, rispetto agli altri cittadini, ad organizzazioni che detengono ingenti ricchezze (gli associati) e rappresentano rilevanti interessi economici seppure composte da un numero di persone relativamente esiguo (quale, ad esempio, Confindustria), autorizza l’insorgere di legittimi dubbi, oltre che sulla qualità della democrazia rappresentativa e sulla correttezza del “gioco democratico”, fondato sull’attribuzione, in occasione delle elezioni politiche, di un solo voto a ciascun cittadino (che non conserva, successivamente, lo stesso valore), sui rischi che una società democratica possa correre a causa di un’eventuale totale dipendenza, dei partiti politici, da sovvenzioni private.
       L’esempio proveniente da società a prevalente cultura anglo-sassone, nella crescita delle quali, peraltro, il “puritanesimo” ha svolto un ruolo rilevante, non è rassicurante.
        L’accorato appello della “triade” che sostiene il governo in carica, tuttavia, risulta difficilmente comprensibile e poco credibile nell’attuale realtà italiana.
        Non siamo forse il Paese nel quale è stato necessario ricorrere ad un “governo tecnico” per poter tentare di varare riforme che, in qualche modo, incidessero anche sugli interessi delle lobbies?
        Qualcuno pensa che l’opinione pubblica abbia dimenticato l’indecoroso spettacolo offerto dai componenti delle Commissioni Parlamentari “asserragliati” nelle aule per “evitare” l’assalto dei lobbisti in occasione di delicati passaggi parlamentari?
       Il fondato rancore si scontra con la necessità di costruire un sistema stabile capace di garantire, in misura sufficiente, l’indispensabile equilibrio sul quale si basa “il patto sociale” in uno Stato democratico.
      Proviamo ad andare con ordine.
      Smaltita la giustificata rabbia per la “presa in giro” subita, chiediamoci se l’obiettivo, esclusa la legittima tesi secondo la quale ai partiti non deve essere accordato alcun finanziamento di nessun genere, debba essere quello di assicurare ad essi il solo rimborso delle spese sostenute in occasione delle tornate elettorali oppure quello di garantire loro le risorse necessarie e sufficienti per essere presenti sul territorio, avere un contatto assiduo con gli elettori e, soprattutto, “fare politica”.
      Pur avendo votato, nel 1993, contro il finanziamento pubblico dei partiti, non voglio approfondire, in questa sede, una valutazione sull’opportunità e sulla moralità di tale finanziamento e sui rischi di lasciare il destino dei partiti nelle mani di finanziatori privati. Mi limiterò, pertanto, a sviluppare un ragionamento sulle eventuali modalità, sull’entità di tale contributo e sulle possibili garanzie del suo corretto impiego in modo tale che dalla sua erogazione possa  derivare un qualche beneficio per la collettività.     
      E’ di tutta evidenza che, nel caso si debba trattare esclusivamente di rimborsi elettorali, essi dovrebbero, per definizione ed in ossequio alla volontà popolare espressa nel referendum del 1993, essere concessi dietro presentazione ed in corrispondenza di un’idonea documentazione di spesa e nei limiti di un tetto massimo prefissato.
     Diverso è il caso nel quale dovessimo riconoscere ai partiti un ruolo essenziale nella nostra democrazia e ritenere che si possa ottenere la loro indipendenza, dai diversi “centri di potere”, solo attraverso una controllata e misurata sovvenzione pubblica che accompagni ogni fase della loro vita.
     In questa seconda ipotesi, credo sia imprescindibile (circostanza ben presente anche al Presidente del Consiglio Mario Monti) una previa riforma del sistema che imponga (provo, conscio dei limiti personali e con la consapevolezza di non poter essere esaustivo e di rischiare errori, ad ipotizzare alcune condizioni):
-         il recepimento, di diritto, negli Statuti dei partiti di alcune regole di funzionamento democratico idonee a favorire il superamento delle “nomenklature” (niente “acclamazioni” di segretari, elezione di tutti i componenti degli organismi dirigenti, idonea convocazione degli iscritti elettori, etc.), e la partecipazione attiva dei cittadini alla politica ed alla vita dei partiti;
-         il controllo sulla rigorosa applicazione delle predette regole (es. regolare convocazione del Congresso, controllo sulla regolarità delle deleghe e sull’esistenza degli iscritti, etc.) e l’irrogazione di severe sanzioni in caso di inadempienza;
-          un’assoluta trasparenza amministrativa e contabile attraverso la certificazione obbligatoria dei bilanci ad opera di società di revisione indipendenti, l’affidamento del controllo sull’impiego delle risorse pubbliche alla Corte dei Conti e l’adozione di adeguate sanzioni civili e penali in caso di violazione delle regole;
-         l’obbligo, per i partiti, di conservazione della copia di domanda di iscrizione degli associati corredata da quella di un documento d’identità valido ed obbligo di conferma di accettazione dell’istanza inviata, all’iscrivendo, attraverso raccomandata A.R., o mezzo equivalente;
-         l’irrogazione di consistenti sanzioni penali a carico di coloro che iscrivano ai partiti persone inconsapevoli (“a loro insaputa”) o precedentemente defunte nonché a carico di soggetti che dovessero, in qualità di pubblici dipendenti o in ragione degli incarichi ricoperti, entrare in possesso dei nominativi degli iscritti ai partiti e divulgarli senza  il preventivo ed informato consenso degli interessati o, comunque, utilizzarli o consentire che siano usati a danno di questi ultimi;
-         un identico accesso dei partiti alle trasmissioni di emittenti nazionali (o in caso di elezioni regionali anche sulle locali dei territori interessati), pubbliche e private, in prossimità delle elezioni (si potrebbe immaginare un tempo di esposizione identico per le forze che nella precedente legislatura siedono in Parlamento ed uno ridotto del 50% per le altre candidate) e l’applicazioni di pesanti sanzioni economiche (multe dall’importo calcolato in percentuale sul bilancio del partito) per i partiti favoriti e di sanzioni penali a carico dei responsabili delle emittenti in caso di violazione grave o ripetuta delle norme;
-          di fissare un tetto massimo di contribuzione privata ai partiti con il connesso obbligo di pubblicizzare, al di sopra di uno stabilito esiguo minimo (per esempio, superiore al 20% della quota annuale di iscrizione), l’elargizione;
-         il divieto di finanziare più di due partiti diversi ogni due legislature;
-         l’obbligo, per i partiti, di pubblicizzare l’eventuale erogazione di finanziamenti a favore di associazioni, fondazioni, circoli o altre forme di aggregazione nonché testate giornalistiche che non siano evidentemente e direttamente riconducibili al partito (es. ne rechino il nome o il simbolo) o siano, di esso, gli “organi di stampa”;
-         di prevedere la nullità della candidatura di Parlamentari e Consiglieri regionali, per almeno una legislatura, a seguito di precedente elezione per due mandati consecutivi;
-         di fissare la retribuzione degli eletti sulla base della retribuzione media degli amministrati e/o rappresentati (il parametro deve essere costituito dal trattamento economico riconosciuto ai lavoratori dipendenti) integrata del 100% e ridotta della percentuale di disoccupati presenti fra la popolazione interessata (con conguaglio effettuato al termine della legislatura);
-         la reintroduzione delle preferenze e del sistema proporzionale, con eventuale sbarramento (non oltre il 3-4%), alle elezioni politiche ed amministrative e l’obbligo di adozione delle primarie, nei partiti, che coinvolga almeno gli iscritti ad essi;
-         l’obbligo, per gli Organismi elettivi e per la Presidenza del Consiglio, di rendere pubblici i bilanci redatti in forma analitica;
-         di fissare un limite di valore per i regali accettabili da parte dei componenti degli organismi elettivi e di governo;
-         la cancellazione a favore dei familiari e dei conviventi dei componenti gli organismi elettivi e di governo di tutti i benefici che non siano riconosciuti, dalla legge, ai familiari degli altri lavoratori;
-         l’obbligo per i componenti degli organismi elettivi e di governo di fruire, in caso di accertamenti diagnostici o di interventi (esclusi quelli di natura estetica), delle sole strutture sanitarie pubbliche;
-         l’obbligo di congelamento del trattamento economico dei dipendenti delle assemblee elettive fino alla perequazione con quello erogato dalle altre amministrazioni statali ai propri dipendenti;
-         divieto di erogazione dei fondi derivanti dal c.d. “decreto mancia” a favore dei partiti o di strutture private che siano di proprietà o gestite direttamente da familiari o conviventi dei componenti delle assemblee elettive che decidono sulla distribuzione;
-         l’introduzione della c.d. “anagrafe pubblica degli eletti che prevede la pubblicazione, su internet, dei dati riguardanti le presenze, lo svolgimento dei lavori, il prodotto realizzato, gli stipendi e gli emolumenti di ogni tipo, le consulenze, i pagamenti, di tutti i politici eletti e di tutte le persone che rivestano una carica politica pubblica;
-         interdizione perpetua dalle cariche elettive, di governo o di qualsiasi Ente in caso di condanna definitiva per “voto di scambio” o reati gravi contro la pubblica amministrazione;
-         sospensione dalle cariche elettive, di governo e da qualsiasi Ente nonché dall’erogazione del 50% della retribuzione in caso di duplice condanna (sia in primo che in secondo grado e in attesa di pronuncia definitiva) per reati contro la pubblica amministrazione o che, comunque, prevedano pene, nel minimo, non inferiori a due anni di reclusione.
         Qualsiasi tipo di controllo esercitato su partiti che fruiscano del finanziamento pubblico dovrà essere esercitato da organismi i cui membri non ricoprano il proprio incarico per nomina o elezione politica (deve trattarsi di Magistrati assunti attraverso concorso pubblico ed indipendenti dall’esecutivo).
          Sicuramente, avrò dimenticato, in questo breve excursus, molti altri utilissimi e penetranti strumenti di controllo e garanzia sulla gestione di organismi che, almeno nell’attuale organizzazione democratica del Paese, credo possano ricoprire un ruolo e svolgano una funzione difficilmente sostituibili.
          Lo scopo, però, non è quello di “salire in cattedra” e, senza averne le capacità, dettare condizioni o dispensare panacee, ma solo quello di dimostrare che il problema risiede nell’esistenza o meno della volontà politica di modificare l’assetto attuale, restituire le istituzioni ai cittadini e realizzare una democrazia compiuta.
         Le misure idonee per ricreare il necessario rapporto di fiducia fra cittadini, partiti politici ed istituzioni, se cercate seriamente, possono sicuramente essere trovate.
          Allo stesso modo è indispensabile, per la salute delle organizzazioni politiche e delle istituzioni, la partecipazione dei cittadini alla vita politica della comunità e, soprattutto, il loro controllo, assiduo ed approfondito, sull’operato dei rappresentanti.
          Nessun giudizio, peraltro, ho voluto esprimere sulle attuali compagini o sulle persone che le compongono e, seppure sia convinto della presenza di numerosi malfattori, non mi unisco al coro di astiosa generica condanna che finisce, inesorabilmente, per coinvolgere anche persone oneste che, comunque, a differenza di quanto, ad esempio, ho fatto io negli ultimi anni, hanno avuto il coraggio di “sporcarsi le mani” e di impegnare risorse ed energie nella vita pubblica e nel perseguimento del benessere comune.
       La pigrizia, la distrazione, la stanchezza e la supponenza di tutti noi, non dimentichiamolo, generano lo spazio vitale nel quale i farabutti prosperano.
       Vogliamo immaginare un nuovo “Processo di Norimberga” che giudichi anche le nostre non sempre giustificate ed incolpevoli “assenze”?
       Nessuna misura può garantire di per sé stessa, nel tempo, assoluta impermeabilità nei confronti della corruzione e del malaffare né, tantomeno, proteggerci da presuntuose ed avide incapacità, solo la PARTECIPAZIONE di ognuno di noi può fungere da antidoto assicurandoci, al contempo, un’adeguata selezione dei rappresentanti.
        Mai più “ghe pens mì” ma, ora e sempre, PARTECIPAZIONE.

 Roma, 19 aprile 2012                                              Gianfranco Serio

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