martedì 7 giugno 2011

Il valore della consultazione referendaria

Stiamo assistendo, in questi giorni che precedono la consultazione referendaria, ad uno stucchevole ed assurdo "risiko". Da una parte le forze a favore dei referendum, con in prima fila l'Italia dei Valori che li ha promossi insieme ad Associazioni e Comitati, che si affannano a ripetere che il voto sui quesiti non ha un valore politico e non costituisce un giudizio sull'andamento del Governo e, dall'altra, le forze dell'attuale maggioranza parlamentare che invitano ad astenersi dal voto in quanto "politicizzato".

Si tratta, a mio parere, in entrambi i casi, di posizioni ridicole ed insostenibili.

Per quanto riguarda la coalizione che invita al voto, credo, infatti, che, più che temere un'astensione degli elettori orientati verso il centro-destra (ammesso che, dopo il voto epsresso alle amministrative, si possano ancora fare distinzioni nette di questo tipo) in difesa di Silvio Berlusconi, dovrebbe evidenziare il fatto che, in caso di raggiungimento del quorum, il responso avrebbe un indubbio valore politico determinato dal fatto che la ripresa del programma nucleare italiano era parte integrante del progetto politico con il quale il centro-destra si è presentato ed ha chiesto la fiducia agli elettori alle scorse elezioni politiche e che le disposizioni sul legittimo impedimento (come altre mirate ad analogo scopo) sono state ritenute, dall'attuale maggioranza, improcrastinabili e irrinunciabili per il Paese. La vittoria dei sì avrebbe il significato di una revoca del consenso accordato tre anni fa, mentre un'affermazione dei no avrebbe il valore di una rinnovata approvazione alla realizzazione dell'iniziale programma.

Per quanto riguarda l'astensione, non ha, ed è fuorviante attribuire ad essa, il significato di una manifestazione contraria all'abrogazione delle norme oggetto del referendum.

Nel caso specifico, quindi, il mancato raggiungimento del quorum non potrebbe essere letto come una rinnovata fiducia al governo. Tale significato politico si potrebbe ottenere solo attraverso l'affermazione dei no (in particolare, al quesito sulla ripresa del nucleare e su quello che riguarda il legittimo impedimento).

La distorta lettura della partecipazione popolare al voto sui quesiti referendari è stata inaugurata, se non ricordo male, dalle alte gerarchie ecclesiastiche in occasione di altre consultazioni e, prima ancora, forse, da Bettino Craxi.

Si tratta di un bizantinismo ruvido che somma ai "no" (all'abrogazione delle norme), con eccessiva disinvoltura, la volontà di astensione, la distrazione, la mancanza di convinzioni e gli impedimenti vari (malattie, temporanee assenze per lavoro, etc.).

La Machiavellica interpretazione suscita ancor maggiore meraviglia qualora si consideri che proviene da una Fonte che, ripetutamente, condanna il "relativismo".

Come è possibile calcolare fra i contrari all'abrogazione coloro che per malattia non possono recarsi a votare? Peraltro, il quorum (50%+1), come è ovvio che sia, viene rapportato agli aventi diritto al voto, in un Paese nel quale, alle ultime elezioni politiche, che hanno registrato una grande partecipazione, ha votato l'80.5% degli aventi diritto.

Probabilmente, sarebbe opportuno modificare la legge prevedendo, magari, un aumento delle firme per la richiesta dei referendum (per esempio, 750.000 anziché 500.000) e non stabilire alcun quorum per la validità, oppure, abbassarlo al 35-40% (si terrebbe così, in qualche misura, conto dell'astensione "fisiologica" manifestata anche alle elezioni politiche). Tale riforma, favorirebbe, peraltro, la partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini.

L'affermare che il voto al referendum possa essere "politicizzato", poi, è un'autentica contraddizione in termini. E' chiaro che qualsiasi voto espresso dai cittadini manifesta delle opinioni politiche. E' poprio in occasione del voto che il cittadino di un Paese democratico esprime un giudizio di sintesi su questioni che riguardano il vivere comune (e, quindi, politiche).

Ho sentito, con orrore e divertimento, alcuni mesi fa, il ministro (o, con terribile, neologismo la ministra) Maria Stella Gelmini affermare che delle critiche rivolte alla riforma da lei introdotta nella scuola avevano natura politica...... Ma il Governo ed i Ministri del Paese (il potere esecutivo) non sono incaricati e pagati per tracciare e realizzare l'indirizzo politico di uno Stato? Quale critiche si poteva aspettare, estetiche?

Ciò che, comunque, appare inaccettabile, anche da un punto di vista etico, è che sia le forze che hanno promosso la consultazione referendaria, sia quelle che ad essa si oppongono non hanno il coraggio della chiarezza e sembrano trattare i cittadini elettori da minorenni. Credo che sia necessario un maggior rispetto e, soprattutto a seguito del ritorno alla partecipazione attiva alla vita politica da parte della gente, una maggiore fiducia in questo popolo che, sollevando il giogo, dimostra di non accettare più di essere bue.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Inserisco come commento, uno scambio di idee avuto con il mio amico Fabrizio sulla sentenza della corte costituzionale e sui commenti sui referendum sulla rete:


In effetti ciò che si crea sulla Rete, spesso, è manipolato e fuorviato da pochi che fomentano o che fanno sembrare la realtà un po' distorta. Però c'e' anche una forte diffusione di idee, di informazioni, di entusiasmo e di voglia di cambiamento

Come detto prima, rispetto la tua analisi politica e sociale

Sì penso anch'io che ormai i referendum abbiano preso una "piega" quasi completamente politica e proprio per questo chi vuole cercare di dare un'ulteriore svolta al cambiamento ha, ora piu' che mai, questa possibilità

Comunque Cassazione e Consulta si sono espresse in maniera univoca, e non influenzate dalla tendenza politica in atto

Dall'altra parte, quella che non vuole i referendum, la "disinformazione" mi sembra veramete indecente, come dici tu. Ministri, governatori, sindaci ed esponenti politici di primo piano che esortano a non utulizzare un diritto/dovere fondamentale, quale è appunto il voto. Se non hanno il "coraggio " di dire di votare NO, dovrebbero avere la decenza almeno di tacere, di abbassare i toni, di non prendere piu' in giro la gente

La stessa gente che si sta accorgendo che qualcosa sta cambiando. Che con la "sussidiarietà orizzontale" che ci insegna la nostra costituzione si può fare molto e ritrovarsi in piazza con decine e decine di Associazioni e Comitati per dire che c'e' colore nel Futuro e far vedere quei colori del cambiamento, nei sorrisi dei tanti che vogliono "partecipare"

Ora Milano e Napoli, per esempio, con i loro nuovi Sindaci, non potrebbero far nulla senza l'associazionismo, le iniziative popolari, le condivisioni, l'intervento diretto dei cittadini, nella denuncia e nell'azione concreta

Io penso che questo voto, il più diretto, il più penetrante, il più partecipativo che ha un Cittadino, possa rappresentare un inizio di Rinnovamento per l'intero Paese ... che forse, grazie a Dio, non si sente più rassegnato ma forte e vitale ecrede in nuovo un nuovo Umanesimo di crescita e di rispetto reciproco


Ciao

Andrea